Recensione di Nicoletta Fazio al romanzo “La legge. La giustizia. Io.” di Monica de’ Rossi, edito da Europa Edizioni.
“Emma ha trent’anni, è alta, morbida, porta i capelli neri a caschetto come il personaggio dei fumetti Valentina ed è una bella donna, ma il suo vero punto di forza è il fascino bollente”. Questo l’incipit del romanzo “La legge. La giustizia. Io.” di Monica de’ Rossi, edito da Europa Edizioni, che introduce subito al lettore la protagonista della storia: Emma.
Emma, nonostante la giovane età, è un avvocato di successo, brillante e spregiudicata. Ha una sorella gemella, Irene, e le due vivono in simbiosi, legate ancor di più dal vuoto che si portano dentro: la madre Olga, una russa bella e raffinata, infatti, le ha rifiutate, costringendo anche il marito, succube della sua personalità forte ed egocentrica, a far crescere le figlie lontane da loro. Questa decisione non è dettata da motivi economici o di stringente necessità, tutt’altro – Olga e Carlo appartengono all’alta società romana e conducono un tenore di vita molto alto – e quindi la loro scelta risulta ancor di più deprecabile e scellerata. È l’egoismo di Olga a farla da padrone insieme al senso di possesso nei riguardi del marito, che “non voleva dividere con nessuno, nemmeno con il sangue del suo sangue. Lei doveva essere l’unica donna della sua vita…”. Olga “non era mai stata una figlia affettuosa, […] quando era piccola era fredda con tutti e non creava legami o amicizie, solo conoscenze di convenienza”.
Emma e Irene crescono, dunque, portandosi dietro una mancanza incolmabile. L’anaffettività della madre, la sua freddezza e la sua insofferenza le poche volte che è costretta a vedere le figlie segnano in modo indelebile l’interiorità delle due ragazze che, pur essendo gemelle, hanno un temperamento differente e reagiscono in modo opposto anche all’assenza dei genitori, come sottolinea l’autrice: “Irene era una bambina molto sensibile e fragile, voleva sempre stare con Emma e giocare con le bambole; sognava di diventare una donna bellissima e trovare il principe azzurro per riempire il vuoto che aveva dentro. […] Lei sapeva che sua mamma non l’aveva voluta, e il suo pensiero era sempre rivolto a ciò che le mancava e non a ciò che aveva. Emma invece cresceva con un carattere molto diverso, non desiderava affatto un principe azzurro, ma inseguiva la libertà e l’indipendenza. Pensava che, se suo padre non era stato capace di starle vicino, non lo sarebbe mai stato nessun altro”.
Un evento tragico e inaspettato sconvolge d’un tratto la vita di Emma: l’omicidio di Irene. Da questo momento in poi la narrazione si arricchisce dell’atmosfera misteriosa e fosca del thriller, conducendo il lettore per sentieri intriganti e oscuri dove dominano la brama di denaro, l’arrivismo, il potere, ma, soprattutto, la vendetta.
È interessante notare come evolve la psicologia dei personaggi man mano che ci si inoltra nella trama. Mentre Olga rimarrà sempre uguale a se stessa, dall’inizio alla fine, rigida e ferma sulle sue posizioni, immutabile e coerente nella sua incapacità di amare e di uscire dal guscio inviolabile del suo ego – addirittura rimane totalmente indifferente di fronte alla morte di Irene! – l’indole di Emma subirà un’evoluzione forse impercettibile, ma tale da sottolineare, in modo quasi provocatorio, il legame con la madre. Emma, infatti, a ben vedere, nella sua sete di giustizia, si rivelerà ben più spietata di Olga. “Il perdono non esiste…” afferma, mettendo in atto il suo piano diabolico, un piano che non contempla il rispetto delle regole, delle leggi, ma solo il perseguimento dell’unico obiettivo possibile: la vendetta feroce e completa. Anche nei riguardi della madre, che avrebbe bisogno del suo aiuto, Emma non avrà pietà: la compassione non è contemplata nel suo vocabolario, che conosce solo il codice inesorabile dell’”occhio per occhio, dente per dente” e l’ingiusta, disumana perfidia della privazione dell’amore materno. Di contro, Olga non si mostra mai tenera con la figlia, ma ha sempre un modo di porsi pretenzioso e superbo. “Se solo le avesse chiesto scusa dei tanti anni di rifiuto, se le avesse mostrato un po’ di affetto, forse avrebbe cambiato idea, invece…”: è sempre l’amore o, in questo caso, il non-amore a condizionare le scelte dei personaggi. Olga non si piega, fino a pagare a caro prezzo il suo atteggiamento altero e gelido. Se in lei la maternità è mortificata e annientata, non così è per la madre di Olga e nonna di Emma, Irina, che incarna nel romanzo la figura materna, dolce, premurosa e amorevole. E gli uomini? Anche dei personaggi maschili emerge una vasta gamma di caratteri, tra cui spiccano le personalità forti del nonno delle gemelle, Nicolai, e di Lucas, l’uomo che con amore e costanza riuscirà a conquistare la ribelle e riottosa Emma.
Con una prosa snella, ritmata, veloce, che non indugia in digressioni superflue, ma va dritta al cuore dell’azione, l’autrice consegna al lettore un romanzo avvincente e appassionante, a tratti carico di una forte sensualità, dove le venature di noir e di eros si amalgamano con la riflessione sull’amore, sulle potenzialità e i limiti dell’Io e sul confine sottile tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Nicoletta Fazio
“La legge, La giustizia, Io.”, edito da Europa Edizioni, è disponibile in formato cartaceo e in e-book in tutti gli store on-line e si può ordinare dal proprio libraio di fiducia:
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L’AUTRICE
Monica De’ Rossi, nata a Bologna nel 1971, ha sempre lavorato con i numeri, ma ciò che ama di più sono le lettere. Ha coltivato il sogno nel cassetto di scrivere un romanzo e, con l’incoraggiamento del marito e del figlio, si è imbarcata in questa avventura che le ha permesso di esplorare lembi della fantasia a lei sconosciuti. Appassionata della natura, sia nelle camminate e nei pellegrinaggi che nelle avventure in mare, ama gli ampi spazi, montagne da scalare e mare aperto.